CANZONI SOTTO L'ALBERO
2006
TUTTE LE CANZONI SONO STATE MUSICATE E CANTATE DA SLIM
VIDEO REALIZZATI DA SLIM
COPERTINE DISEGNATE DA ARLECCHINO
Materiale di proprietà degli Autori
 
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GESU' DI JAMIN-A
 
 
 
GESU’ DI JAMIN-A
(testo di Guga)

Jamin-a aspetta un figlio
Piantato a primavera
Jamin-a ha sedici anni
E in quel letto non c’era

Jamin-a aveva un sogno
Fatto di fili d’oro
Adesso nel suo ventre
Cresce un altro tesoro

Jamin-a avrà quel figlio con la neve
Non chiederà di più
Lui verrà al mondo il giorno di Natale
Si chiamerà Gesù.

Jamin-a piange e ride
Infelice e commossa
Vede nel suo futuro
Una culla e una fossa

Jamin-a aveva un sogno
E non aveva un uomo
Ora vede il futuro
Come un nuovo ricamo

Jamin-a farà un figlio con la neve
E non vuole di più
Lui verrà al mondo il giorno di Natale
Si chiamerà Gesù

Jamin-a tra le pietre
Che le stringono il cuore
Jamin-a che nel petto
Si coccolava un fiore

Jamin-a l’innocente
Perduta nel suo sangue
Perdonate Jamin-a
Liberata dal fango

Jamin-a ha fatto un figlio nella neve
L’ha chiamato Gesù
Lui sarà solo il giorno di Natale
Perché lei non c’è più.
 
 
 
COME E' NATA
 
 
Da tanto tempo avevo il desiderio di "contaminare" Corani e Vangeli con qualcosa che avesse queste caratteristiche: 1. fosse radicato nella realtà contemporanea; 2. non risultasse offensivo per nessuna delle due religioni.

Avevo anche scritto una lunga poesia che Slim ha pure musicato, ma il risultato non fu eccellente, nonostante il buon lavoro del "funambolo fiorentino"...

Quando, circa un mese fa, Slim mi propose un personaggio di Faber De André, per l'appunto la prostituta Jamin-a, come argomento per la mia "Canzone sotto l'Albero", ho raccolto la provocazione trasformando il personaggio deandreiano in una innocente fanciulla violentata e poi condannata a morte, secondo i "presunti" dettami del Corano e l'ho inserito nell'atmosfera un po' incantata dell'Avvento cristiano.

Versi semplici ma sentiti, che nascono dal cuore di un ateo di grande religiosità umana, che il genio di Slim ha saputo trasformare in un canto eccezionale.

Grazie, amici, grazie a tutti voi che l'avete apprezzata, grazie ad Arlecchino (il mio carissimo "dadada"...) che le ha confezionato una veste grafica eccezionale, grazie a Paolo, Franco ed Ottavio che così generosamente ci ospitano.

Ed un grazie gigantesco a lui, S L I M, deus ex machina di una iniziativa strepitosa.

Vi abbraccio tutti,

Guga
 
 
Guga ha detto la sua. Io vi racconto in due parole com'è venuta fuori la "mia" Jamin-a, cioè la parte musicale.
Preambolo:
Tutti i testi che sono arrivati per questo giocone sono significativi. Ve ne accorgerete: ognuno evoca qualcosa. Per quel che mi riguarda definisco questa esperienza con una sola parola: STRAORDINARIA. Perché veramente, come io non sono un musicista, neanche gli autori sono "fini scrittori", se si esclude il pluri-riconosciuto Guga. Ma ognuno ci ha messo il suo mondo con una sensibilità, appunto straordinaria, sia che parlasse di una cosa leggera e delicata, sia che parlasse di rimpianti o di temi sociali.
Alcuni hanno imposto una gestazione lunga, difficile, qualcuno ha avuto due partenze musicali diverse, poi una delle due ha preso il sopravvento. Alcuni testi ho dovuto leggermente adattarli, ma appena appena.

Veniamo a JAMIN-A:
Quello che ho scritto prima era per dire che io non è che sia quel genio che si siede un minuto al tavolino, prende la chitarra, legge il testo e fa tutta la canzone. Affatto.
Ma Jamin-a è nata esattamente così.
Col testo in mano, l'ho letto e digerito, sono partito e Jamin-a è venuta fuori tutta, perché era già tutta nel testo di Guga, a cui non ho cambiato una parola. Semmai mi sono permesso di accarezzarlo, ma come è uscito, così l'aveva scritto e probabilmente così lo immaginava.
E, scusate se un po' gongolo, ma è venuto proprio bene...
 
Slim

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LETTERA A BABBO NATALE

LETTERA A BABBO NATALE
Testo di Paolo

In questa nebbia di Milano
disoccupato da più mesi
respiro l'aria del Natale
nell'happy hour trafficata
da sciabordanti sacche umane
che entrano nel bar.

Chissà a che punto del cammino
sei tu intronato viaggiatore.
Osservo l'acqua del Naviglio
e sento il suono di campane.
Per chi lo vuole al banco il cameriere
serve il nuovo Beaujolais.

E fra il tinnire dei bicchieri
tendo l'orecchio per captare
da una radio gracidante
i risultati, le partite
della serie A.

Poi accartoccio la schedina,
l'Inter perde anche stavolta
faccio solamente sei
ma che cosa gioco a far?

Non credo sia il momento più indicato
e devo dare un occhio al motorino
guardo una mosca nella birra
vedo che in tasca ho solamente venti euro
caspiterina che problema
più del pane non si mangerà.

Non devi mica aver capito
non guardi mai qui verso il basso,
ora son fuori dal locale
col ditino alzato al cielo
Babbo Natale ti ricordo
che io sono sempre qua.

Mi sembra tu non sia coinvolto
pure le renne son distratte
Io per quest'anno non t’ho scritto
per una forma di pudore...
E' imbarazzante andare in posta
per un telegramma indirizzato a te.

Da bimbo mi avvolgevi con amore,
ora son grande e forse pensi
che potrei far di più,
ma onestamente un posto di lavoro
non lo trovo più.

Vedi anche tu Babbo Natale
non è che chieda grandi cose
ma capirai che uno può andar via di testa
e può venire oltre la rabbia
un comprensibile sospetto
sulla persona
e anche verso i jingle bells.

Mi son sfogato, più di una playstation
sicuramente non mi puoi portar
che qui ci vuole almeno
il quinto premio della lotteria.

Nebbia gelata, si ritorna a casa,
con problemacci che non risolvo più,
mesi su mesi ad aspettar la vita
che non decolla mai...
che non decolla mai...
che non decolla...
 
COME E' NATA
 
Il tema assegnatomi poteva sembrare bello, ma era anche molto limitativo.
Con un tema del genere la prima idea che mi si era affacciata alla mente era quella di un intrecciarsi di voci di bambini che formulavano le loro richieste a Babbo Natale.
Ma come si poteva realizzare una cosa simile?
A cantare sarebbe stato Slim, pertanto o gli avrei dovuto procurare i files con le voci registrate dei vari bambini e riservare a lui la parte di Babbo Natale o farmi venire qualche trovata meno laboriosa.
Un adulto che scrive a Babbo Natale, dunque.
Chiave scherzosa, comica, ironica...
Ero partito con una lettera buffa a Babbo Natale, come le tante che in questo periodo si possono trovare nella blogosfera.
Poi ho cambiato idea.
Ho immaginato i pensieri che passano per la mente di un disoccupato milanese che si trova coinvolto nel clima natalizio della sua città, anzi ne vive ai margini.
La gente entra ed esce dai bar, la gente si scambia gli auguri e lui osserva, controllando sulla schedina i pochi punti fatti al Totocalcio, seduto ad un tavolino davanti alla sua birra, in cui per colmo di disgrazia cade anche una mosca.
Esce all'aperto e guardando verso il cielo, rivolge la sua supplica a Babbo Natale.

Quel parlare del disoccupato con Babbo Natale che gli sembra di vedere alla guida delle sua slitta nonostante la nebbia fi tta che grava su Milano è il suo bisogno di sfogarsi con qualcuno che lo possa capire. Gli si rivolge continuamente, cerca di coinvolgerlo, di compiacerlo, dà sfogo alla sua logorrea vagamente isterica, sempre pronta a volgere anche verso il brillante ed il sarcasmo ben temperato.

Quando ho inviato il testo a Slim, non gli ho fornito tante indicazioni.
Ho lasciato che lui la leggesse come gli suggeriva la sua sensibilità e in base alla conoscenza che ha di me.

In un tempo successivo gli ho detto come avrei inteso io la canzone.
Certo il quadretto non era dei più felici, ma il testo andava letto come un invito a non buttarsi giù, a non farsi sopraffare dalle difficoltà, a vivere anche i momenti difficili con una positiva leggerezza.


Slim mi ha strabiliato con questo dixieland e con tante finezze che sicuramente ad un attento ascolto non sfuggiranno.
A me sono sempre piaciuti certi testi dove noti la capacità di ironizzare sugli aspetti più tristi e grotteschi della vita per volgerli in momenti di poesia. L'ironia nasce dalla tristezza e alla fine ne è la cura.
Ed io credo che questa dicotomia è la vera essenza della canzone.

Paolo
 
A differenza di Jamin-a, questa canzone, per quanto riguarda la musica ha tutta una storia diversa.
Mi arriva il testo di Paolo e come sempre con i suoi mi dico "ma me lo fa apposta?". Il beaujolais, la playstation, eccetera. Provare a metterle in musica è una sfida. Il testo è geniale, ma a Paolo ci vorrebbe un Paolo Conte a disposizione, sempre.
Insomma, comunque, dopo un po' di tempo che provavo e riprovavo e avevo trovato la musica secondo me giusta, e stavo cominciando a registrare, mi arriva una mail di Paolo che mi fa:
"Mica mi avrai fatto una lagna, eh? Guarda che la mia è una canzone ironica, io la intendo con una musica allegra".
E io: "Certo, certo. Infatti!".
Infatti avevo fatto una cosa che non si può nemmeno dire lagna, ma di più, peggio del peggio.
Quindi sono ripartito dall'inizio e ho cambiato tutto, buttandomi sul dixieland,
 
Slim

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CANINO'S SONG

 

CANINO’S SONG
Testo di Osvaldo

Quanti regali per Natale
dolci, spumanti frutti...secchi
e sotto l'albero i pacchetti
c’è anche il torrone mandorlato
il tuo preferito...

Niente treni né Ferrari
non c'è freno che tenga
la mamma e il babbo ti dicono di no!
Ma il torroncino ti chiama e così...

Papà davanti la tivvù
la mamma che controlla dal fornello
ti scappa forte la pipì
afferri il torroncino e te ne corri via...

Nel bagnetto lo guardi, lo studi
il cartone con le scritte blu,
felice lo scarti e lo mordi..ahi!
il dentino non c'è più!

La mamma urla "ah",
il babbo dice che verrà il topino
maledetto di un torrone
il canino non c'è più, il dentino

Passi sveglio la notte,
vegli tremando sul cuscino
aspettando il topolino
chissà che cosa porterà! Mah!

Quando ormai sveglio
ti giri e con la mano
trovi un sacchetto
monete d'oro per un altro torroncino

Ma hai cinque anni o poco di più
e la mamma ti dirà di no
mentre il babbo guarderà la tivvù
non potrai comperare un altro torroncino

La mamma urla "ah"
anche se il topolino è già passato
maledetto di un torrone
il canino non c'è più, il dentino...
 
 
COME E' NATA
 
E' nata in un momento in cui non avevo nulla da fare, ma proprio nulla (ihih)! Era una nuova esperienza per me che in genere ho cucito il testo sopra la musica, qui invece la storia del dentino perduto doveva essere rivestita con la musica e con un'interpretazione: il risultato globale mi ha soddisfatto, specie nella prima parte.
Ma com'è nata? Letteralmente di getto, non è stata cambiata una parola del testo originario, se non una nell'inciso per una questione di metrica. Sono quelle cose che ti vengono così, e non hanno bisogno di spiegazioni. Visto che è Natale, ci voleva qualcosa di più semplice e diretto. ;)
 
Osvaldo
 
 
Secondo le intenzioni, come ha detto Osvaldo, avrebbe potuto essere una canzone che parlava del Natale di un cagnolino. Quindi quando mi è arrivato il testo ho avuto una sorpresa. Piacevole, perché non sempre si deve parlare di temi sociali o grandi amori naufragati.
L'esperienza di una golosità, di un dentino rotto, dell'attesa del topino e le feste natalizie sono una cosa da raccontare.
La canzone è nata normalmente ma sia il testo che la musica volevano e dovevano essere semplici.
Generalmente provo con la chitarra o col pianoforte. Non mi ha dato particolari difficoltà, ma mi piaceva dare anche a questa una veste "sua" che la chitarra non riusciva a definire.
Rimpinzarla di effetti o interventi speciali (vedi Jamin-a, o le prossime canzoni di Franco, Giusy, Sam) non aveva senso.
La tastiera mi ha aiutato e, secondo me, anche il "bo-bo-bo-bom".
E' una canzone strana. Se la cantasse Bobby Solo sarebbe tutta lì. Se ci provassero gli Avion Travel ne uscirebbe fuori una cosa ironica e magari intellettuale.
 
Slim

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UN INVITO SPECIALE PER QUESTO NATALE

 

UN INVITO SPECIALE PER QUESTO NATALE
(Testo di Ottavio)

Per la vigilia di questo Natale
ho fatto un invito davvero speciale,
uno è un principe napoletano
e un altro viene da molto lontano.

Uno si chiama Antonio De Curtis,
l'altro invece si chiama Totò,
uno è venuto con la cadillac
l'atro è venuto, sì, ma senza 'a giacc!

Il principe pensa e parla ogni tanto
mentre Totò passa dal riso al pianto,
una tavola bella così
lui non vedeva da mille dì!

Il principe assaggia un bucatino
Totò invece si fa uno spuntino,
tre pezzi di pane e lo stoccafisso
pecchè in guerra nisciuno è fesso!

E dopo il primo arriva il secondo
mentre la gente parla del mondo,
il principe vuole tornare a casa
mentre Totò vuol fare tabula rasa!

Che bello il Natale, viva la festa,
l'aria del pricipe però è un po’ più mesta
Totò lo guarda e gli va vicino
e chiede "Principe, nu poc’e vino?".

Il principe guarda il povero uomo,
che sembra avere il viso cone un uovo,
ma non gli esce mezza parola
Totò afferra una bagnarola!

E al principe piega un pco giocondo
"Mio caro nobile, così va il mondo,
vedi, è una grande conca di legno
dove ognuno sconta il suo pegno".

Allora il principe allora dice una cosa
a quel brav'uomo sempre senza casa:
"Caro Totò, dai, nun ce penzà
io la livella l'ho scritta anni fa".

Totò allora un poco scontento
dice a De Curtis "Siete voi, lo sento,
voi siete quello che tanti anni fa
'dà festa 'e Natale m'è fatto scurdà"
 
COME E' NATA
 
Non ho avuto né una crisi mistica, né mi sono messo con carta e panna in mano, aspettando che mi arrivasse l'ispirazione. Vi spiego. Slim mi ha scritto che non sarebbe stato male raccontare una storia basata su Totò attore e sul Totò privato, riservato, cioè il principe e l'attore. Gli scrissi subito, che per me era oltre che un onore scrivere del mio mito, anche un invito che non potevo rifiutare. Sapete, la mia vita è stata caratterizzata molto dalla figura di Totò (e di Antonio De Curtis), come se fosse uno di famiglia, magari un nonno, ed io i nonni non li ho mai potuti conoscere. Mio nonno paterno è uno dei caduti della seconda guerra mondiale, l'altro invece se n'è andato tanti anni prima che io nascessi. Quindi, Totò, è stato un po' quel nonno, sempre pronto a coccolare il suo nipotino, e da bambino mi facevo cullare spesso dalla sua voce, ricordo che a cinque anni, non sapendo nemmeno scrivere e leggere, recitavo "'A livella", e cantavo "Malafemmena". Ed in più non mi staccavo mai dalle videocassette che avevo in casa, poi man mano, sono diventato un collezionista, e non mi son fatto mancare niente!
Quindi, quello di Slim era un invito, ed io l'ho accettato. Dovevo collegare tre mondi in uno: il Natale, la miseria e la nobiltà. La miseria è Totò, la nobiltà e il Principe Antonio De Curtis discendente dei Bisanzio, ed entrambi sono Napoli. E' vero, perché Napoli è una città bella per questo. Faccio un esempio, voi camminate per un corso lunghissimo, dove vi sono negozi che mostrano prodotti con tanti zero, alberghi e ristoranti, politici ed artisti che camminano parlando tra di loro, bambini che vanno in bicicletta mentre i genitori li tengono sotto d'occhio a distanza, signore con abiti firmati e cagnolino, turisti che filmano e fanno fotografie. Questa è la nobiltà, la "Napoli bene", la "Napoli bella". Girate subito dopo il corso e vi trovate in un vicolo, uno di quei tanti vicoli con i bassi abitati da otto o nove persone, dove magari non lavora nemmeno il capofamiglia, e si campa con la pensione del più anziano di casa. Questa è la miseria, ed è forse la Napoli che più ha bisogno, e che spesso viene dimenticata.
Comunque, il quadro è fatto. Da una parte abbiamo la miseria, e dall'altra la nobiltà. Devo creare l'ambiente natalizio: una tavola lunghissima, con una bella tovaglia bianca e rossa con agrifogli disegnati, e stelline dorate, posaceneri d'argento, piatti con il filo d'oro, tovaglioli pregiati e non di carta, bicchieri di cristallo, addobbi, festoni.
C'è una festa. C'è una porta dove possono entrare gli invitati.
Nella prima strofa, mi esprimo in prima persona. Sono io che ho fatto questo invito, sono io che sono riuscito ad unire due mondi completamente diversi: la povertà e la ricchezza, la miseria e la nobiltà.
Sono io che ho fatto un invito speciale per questo Natale, qualcosa che non si potrà mai più ripetere. Uno è un principe napoletano chiamato Antonio De Curtis, l'altro si chiama Totò. Il primo è venuto con la cadillac, l'altro invece è venuto a piedi, e non ha nemmeno la giacca. Uno, signorile, dai modi gentili, raffinati, nemmeno un capello fuori posto, tutti uniti da una profumata brillantina, mani curate, cravatta, un grosso anello all'anulare destro, una bellissima giacca e delle scarpe lucidissime. L'altro indossa una bombetta (e forse sotto avrà i capelli tutti spettinati... insinueranno tante persone che noteranno che questo povero uomo non toglierà mai il cappello... o forse non ha capelli, forse non sa che quando si entra in casa d'altri il cappello si toglie... sempre ad inciuciare), una camicetta bianca, un paio di lacci al posto della cravatta o se vogliamo del papillon, un pantalone largo e nemmeno tanto lungo, con "effetto zompafosso"...
Il principe è seduto a questa grande tavolata. Tace, pensa, parla ogni tanto, mentre Totò non sa se ridere o piangere guardando una tavola apparecchiata con ogni ben di Dio. Sono ricordi annebbiati quelli di Totò, infatti, sono anni che non vedeva tanto "mangiare messo assieme". E sotto i suoi occhi una faraona imbottita, un capretto con patate, uno stoccafisso con i broccoletti, il baccalà fritto, peperoni sott'olio, melanzane con mozzarella e prosciutto, spaghetti con le vongole, risotto ai profumi di mare e poi ancora uva, panettoni, roccocò, montagne di cioccolato, pandori, ananas, struffoli! Di tutto! Tutto di tutto! Totò vuol prendere di tutto. In guerra, la gente prima di tornare nei ricoveri, prende tutto quello che può, e come se stesse in guerra, Totò prende tutto quello che può, prima di tornare poi nel suo mondo: nel mondo della povertà.
Poi De Curtis comincia ad annoiarsi. Quindi, Totò, che sembra essere lui il padrone di casa, accogliente e napoletano in tutto, gli va vicino, quasi come se volesse consolarlo da chissà quale male e chiede "Principe, 'nu poco 'e vino?"
Ma il principe lo guarda, quasi con sdegno, infastidito da tutto questo parlare, questo festeggiare, queste urla afone di quest'uomo impazzito, che sembra avere il viso come un uovo. Il Principe non accenna a parlare, si limita a guardare quindi quest'uomo che fa di tutto per farlo sorridere, ed allora Totò prende una bagnarola di legno, tentando di spiegare al principe:
"Guarda mio caro, che il mondo si divide tante categorie. Due sono le nostre, la mia è quella della miseria, la tua è quella della nobiltà. Tu adesso mi fai la faccia schifata perchè ti sono vicino, ma non è colpa mia se io sono povero, forse è colpa tua se sei ricco, e forse anche un poco antipatico. Ognuno sconta il suo pegno in questo mondo, il mio è quello di fare la fame, e il tuo è quello di essere qui stasera. Ognuno si annoia in modo diverso!"
Allora il Principe, sempre con aria di superiorità, dice al povero Totò:
"Totò, non ci pensare, Io la livella l'ho scritta tanti anni fa. Tu adessi me ne stai facendo la versione in prosa. Della differenza tra varie classi, ne ho già parlato io. Io parlai di un marchese e di uno spazzino. Uno era ricco e l'altro era povero. Io di queste cose ne ho già parlato! Non venire ad insegnare proprio a me la morale". Ed allora, Totò, sconfortato e sentitosi trattato male, riconosce nel principe il suo "principale" (che bel gioco di parole) ed arrabbiandosi lo ammonisce:
Siete voi, lo sento. Voi siete quel tiranno che mi ha fatto dimenticare della festa di Natale. Siete quel principale tanto cattivo che mi ha costretto a lavorare tutti i giorni perchè doveva mangiare. Anche il giorno di Natale mi hai fatto scordare, non mi hai dato nemmeno il tempo di farmi una famiglia, non mi hai mai lasciato un centesimo bucato in tasca. Mi hai saputo solo sfruttare. Ecco, sei tu quello che mi ha fatto dimenticare il ben di Dio, sei tu quello che fa tanto il moralista, e poi mi hai fatto lavorare senza sosta, anche di notte se era il caso, e mi tenevi sotto chiave, mi facevi mangiare in cucina e non nella sala da pranzo, e qualche volta, dovevo anche cucinare io, ma quello che cucinavo lo dovevo mangiare da solo, o al massimo, in compagnia di un pappagallo! Ed allora, se hai scritto la livella, tienimi vicino, cosa t'importa? Le pagliacciate non le fanno certo, i morti di fame come me! Ricordatelo!
Ecco sei, tu, adesso proprio t'ho riconosciuto. Sei quello che tanti anni fa mi ha fatto dimenticare l'esistenza del Natale...

Grande Slim per questa interpretazione!!!
 
Ottavio
 
Qui si va sul semplice. Si parla di Napule, di Totò e del Principe.
Ho subito pensato a quel Totò con la caccavella e di conseguenza è venuta fuori la banda (grande tastiera Roland, la mia!) col suo sboom sboom tunf tunf!
mi sembrava giusto anche perché Totò è il trionfo del "popolare", nel senso bello della parola e di una certa tradizione culturale sempre popolare.
Cosa meglio della banda per rappresentarlo? La banda che incanta, che fa divertire i bambini e cattura anche gli adulti, quando passa per le vie del paese.
E la banda che è composta non sempre da professionisti, ma anche, nei piccoli centri, da "dopolavoristi", da persone dotate più di passione che di maestria; la banda che a volte stona ma a cui si perdona, dato che ci affascina.
 
Slim