MINA MAGICA BULA - di Gabriele

 

Premessa - L’atmosfera.

C’è qualcosa di nuovo e di primo acchito impalpabile in questo bel gioiello che è “Bula Bula”, qualcosa che cattura subito.
Da tempo infatti non mi capitava di ascoltare un disco di Mina dalla prima all’ultima canzone e di non stancarmi quasi subito di qualche traccia dopo i primi canonici ed ‘obbligati’ ascolti.
E’ questo il motivo per cui ancora non avevo voluto esprimere alcun parere, che sarebbe potuto risultare avventato e frettoloso. Ho deciso quindi di ascoltarlo e riascoltarlo molte volte e tutto sempre per intero, per capirlo meglio e più a fondo possibile, stimolato in questo da quel ‘qualcosa di nuovo’ captato già dai primi giri nel lettore. E, come spesso mi accade quando sono così ben stimolato da un lavoro musicale –se di Mina, poi, ancora di più…-, mi sono messo a studiarlo a trecentosessanta gradi.
Ovvio, anche in questo cd c’è qualche traccia che oggi, a 6 giorni dalla sua uscita e dopo così tanti ripetuti ascolti privati o di gruppo con amici, mi risulta minore –o di minore impatto-, ma in complesso il cd è nella sua totalità decisamente molto più ascoltabile e godibile di tanti altri suoi lavori recenti, compreso quel “Veleno” che lì per lì mi aveva entusiasmato ma che poi, ad un più prolungato ascolto, mi è divenuto abbastanza indigesto in diverse sue tracce. E’ infatti il tempo l’unico elemento affidabile al mille per mille nel nostro personale giudizio di un lavoro musicale: “Attila”, ad esempio, fu un album –allora c’era ancora il vinile- che sono riuscito persino a rovinare dalle centinaia se non migliaia di volte che l’ho fatto girare sul piatto. Non voglio ora qui azzardare paragoni improponibili o avventati, ma “Bula Bula” mi ha dato una tale scossa positiva che da tempo un cd di Mina non riusciva più a darmi e la prova di questo è che a tutt’oggi gira di continuo nel lettore di casa e in auto, quasi nella sua totalità.

Cos’è successo, quindi? Sono state azzeccate le canzoni? Sono buoni gli arrangiamenti? E’ suonato bene? E’ la sua voce che rende tutto così bello ed ascoltabile al di là di altri possibili pregi o di eventuali difetti? Cosa c’è in questo nuovo lavoro all’apparenza simile ad altri che invece lo rende così diverso dai precedenti, così nuovo? Ci troviamo di fronte ad una sorta di svolta o è sempre e ancora l’emozione della sua voce ad intortarmi?

Qui di seguito è la mia analisi che ovviamente è la mia personale visione di “Bula Bula”. E’ un’analisi lunga e articolata, ma questo nuovo lavoro di Mina mi ha davvero stimolato e indotto a una complessa indagine con conseguente riflessione, il che è per me molto significativo perché quando un lavoro mi sollecita e mi induce a certi approfondimenti è un segno inequivocabile che qualcosa di importante –per me- c’è davvero.
Questo ‘qualcosa’ di nuovo io l’ho prima avvertito a pelle ascoltando il cd, poi l’ho compreso a fondo spulciando con molta attenzione nel libretto e successivamente navigando in internet ad informarmi, avendo captato alcune determinanti affermazioni e sfumature nelle dichiarazioni di Massimiliano Pani sui criteri di lavoro che hanno portato a “Bula Bula”: non dimentichiamo che Max, oltre ad essere il principale collaboratore di Mina, è anche colui che organizza e guida tutto il team lavorativo e progettuale che gira attorno al lavoro della madre.

L’analisi è divisa in tre paragrafi oltre a questa premessa:

1- Roberto Vernetti: l’uomo nuovo
2- Mina ad una svolta
3- Bula Bula: le canzoni.

MINA MAGICA BULA

1- Roberto Vernetti: l’uomo nuovo.

Già dall’ascolto del singolo “Vai e vai e vai” il sentore era stato quello di un cambiamento di rotta, forse a quei primi ascolti non ancora del tutto comprensibile nella sua importanza ma oggi chiaro ed evidente dopo la full immersion prolungata nell’intero “Bula Bula”. Il sentore era quello di un’aria nuova, una specie di ventata fresca che fuoriusciva da quel primo estratto. Per spiegare almeno in parte questa novità che credo piuttosto determinante, bisogna risalire alle sue radici e quindi andare a scavare in qualche anno addietro –precisamente al febbraio1992- per capire meglio dove e come nasce il personaggio con cui abbiamo a che fare, l’artefice –o uno dei nuovi artefici- di questa sensibile svolta di Mina, che si chiama Roberto Vernetti, il ‘programmatore’ a cui il clan Mazzini si è affidato per la concezione e la realizzazione del nuovo cd.

Nessuno –o pochissimi- si ricorderanno del gruppo degli Aeroplanitaliani che in quel febbraio del 1992 portarono a Sanremo la canzone “Zitti Zitti”: nessuno ricorderà quel pezzo ma forse qualcuno potrebbe ricordarsi dei trenta secondi di assoluto silenzio con cui la band sconvolse la platea degli oltre 14 milioni di spettatori, nonché degli aeroplanini di carta con cui i componenti del gruppo rispondevano alle domande dei giornalisti alla conferenza stampa, senza mai parlare.
Dopo quella esperienza sanremese, il gruppo incise un album, poi decise di sciogliersi e ognuno dei tre componenti prese strade autonome e diverse.
I tre di quel gruppo erano: Alessio Bertallot (che si afferma come DJ, da tempo è curatore a Radio Deejay del programma “B Side” punto di riferimento della musica elettronica e della Club Culture in Italia) , Nicky Rinaldi (che intraprende la strada del produttore e lavora con molti gruppi hip-hop italiani fra cui Neffa col quale realizza l’album “Arrivi e Partenze che include “Io e la mia signorina”) e Roberto Vernetti.

Roberto Vernetti sceglie prima la strada del produttore e collabora con i più importanti nomi del panorama italiano: Daniele Silvestri, Massimo Bubola, Elio e Le Storie Tese, Enrico Ruggeri, Fiorella Mannoia, Premiata Forneria Marconi e Teresia De Sio, Casino Royale.
“L’importante, allora come oggi, è avere le idee. I tempi sono cambiati ma le idee sono sempre nell'aria, a portata di mano e basta saperle prendere in tempo", sostiene da sempre.
Inquieto, sempre alla ricerca di nuove strade, da produttore passa quindi a fare anche il programmatore e lavora con i Seisuoiex, Almamegretta, La Pina, Francesca Lago, Ustmamò fino all’album della consacrazione di Elisa “Asile’s world”, poi ancora con La Crus, Patty Pravo -per “Radio Station” e Delta V –per “Se telefonando”-. Ad un certo punto della sua vita decide un altro gran passo e si trasferisce a Londra –dove lavora e vive tuttora- fondando e gestendo un suo studio di lavoro e ricerca, il “SOLO STUDIO”, una music farm a tutti gli effetti, un laboratorio di nuove idee in continua ebollizione e crescita.
“Londra è ancora oggi sorgente di nuove idee e patria di molti grandi artisti che sono famosi qui ma meno conosciuti in Italia, ed è stando sul posto che posso essere in contatto con queste persone e con nuove idee”, ha dichiarato.
Lo scorso anno ha prodotto con Paolo Polcari il bel disco di Raiz –la voce solista degli Almamegretta- ed è proprio di queste ultime settimane la ricostituzione degli Aeroplaniitaliani –ancora con Bertallot e Rinaldi- e il lancio di ‘Canzone d’amore’, l’azzeccatissimo remake della famosa canzone de Le Orme del 1976, che tanto sta spopolando in questo momento nelle radio.


2- Mina ad una svolta.

Non so come sia avvenuto l’incontro fra Mina e questo piccolo genio programmatore del ‘dietro le quinte’ della nostra attuale musica leggera, ma di sicuro è stato un incontro salutare e da tempo atteso. Scorro il libretto del cd e noto che le canzoni che più mi piacciono e mi catturano di questo “Bula Bula” hanno il suo diretto zampino: “Vai e vai e vai”, “Portati via”, “Fra mille anni” e penso anche “Fever”, di cui mancano però i credit, ma penso che la sua presenza sia stata determinante per l’intero progetto di “Bula Bula” perché l’aria nuova c’è e si palpa immediatamente. D’altronde anche lo stesso Pani ha dichiarato, in conferenza stampa, che oggi per fare buona musica ci si deve avvalere di un buon programmatore che si affianchi o addirittura che ‘illumini’ l’arrangiatore nell’intuizione del colore giusto e attuale da dare ad ogni brano o al progetto di un intero cd. A giudicare da questo primo buon risultato Vernetti, oggi a 35 anni, giovane ma con ottime esperienze alle spalle ed in piena maturità artistica, pare la persona giusta per guidare Mina sulla via di quello ‘svecchiamento’ tanto richiesto da moltissimi fans, che non significa rinnegare o sminuire i precedenti collaboratori bensì rinnovarsi avvalendosi di menti fresche in costante contatto con tutte quelle realtà musicali in fermento nel sottobosco della nuova musica italiana, preziosissimo per creare nuove e valide proposte.

Fondamentalmente per Mina, come idea di lavoro, è un po’ un ritorno indietro quando, in quel periodo che va dall’inizio degli anni 70 fino alla metà degli 80, le piaceva molto divertirsi a cercare e scovare sempre il nuovo, ad andare avanti e spesso ‘essere avanti’ rispetto ai suoi stessi contemporanei di allora. Di sicuro questo farà storcere il naso ai cultori della Mina dea della musica colta e raffinata e per pochi intimi palati, ma non certo a quella grossa fetta di fans che da tempo invocano un sostanziale cambiamento ed un ritorno alla Mina dell’altro ieri, come concetto, cioè alla Mina che la gente vuole ascoltare, la Mina popolare che si canticchia in auto o sotto la doccia, per intenderci la Mina che ci rimane in testa e che canta un pop come questo, attuale, gradevole e decisamente ben costruito.
Oggi –a mio vedere- abbiamo solo da essere soddisfatti da questa nuova e significativa svolta nella concezione del suo lavoro e dei metodi usati.

L’arrivo nello staff Mazzini di Roberto Vernetti è senz’altro salutare perché porta idee nuove e fresche, così come lo è stato in precedenza anche l’arrivo e la collaborazione di Niccolò Fragile, presentissimo anche in questo cd dove fa la sua gran buona parte affiancandosi in ottima maniera a Pani nella realizzazione di altre perle come “Fragile” e “20 Parole” e mettendo le mani un po’ in ogni brano.
In tutto il lavoro si capta fortemente questo cambiamento di mentalità concettuale e alla fine risulta proprio come una ventata d’aria fresca che ha cambiato qualcosa in quella giusta direzione da molti di noi –io fra quelli- più volte richiesta: non c’è paragone con ‘Veleno’, musicalmente parlando, meno che meno –ed è più ovvio- con “Napoli secondo estratto”! Certamente poi molto ha fatto anche lo svecchiamento dei musicisti, l’arrivo di menti e metodi diversi che sanno suonare in maniera differente e più appropriata ad un disco decisamente pop come Mina voleva fare. Tutte le collaborazioni danno un loro apporto al risultato e in questo cd buona parte la fa anche il missaggio curato da Ignazio Morviducci, a cui ultimamente l’esperienza con ‘Le Vibrazioni’ ha giovato e non poco.
Queste nuove tredici tracce risultano all’ascolto una diversa dall’altra pur essendo legate fra loro proprio da un’idea concettuale unica che attraversa tutto il disco, che lo rende meno slegato e meno pesante e quindi molto più fruibile dall’inizio fino alla fine –anche se con naturali cedimenti-, così come non accadeva da tempo. Alla faccia di tutti coloro che blateravano che quella degli ultimi lavori fosse la Mina “della estrema bellezza” ormai incamminata lungo la solitaria strada della cantante di nicchia! Per fortuna che questo “Bula Bula” smentisce una simile sciocchezza e finalmente ritroviamo una Mina pop prorompente e felicissima di esserlo –e si sente da come canta!-, una Mina che urla di volere essere ancora attuale, moderna e per tutti, non solo per quei pochi che la volevano lontana dal ‘frastuono’ della musica d’oggi! Moderna e attuale con classe. “Bula Bula” è un altro pianeta –anzi un’altra isola…-, lontano anni luce da quelle sonorità di ieri, qui la sua voce spazia ariosa, felice e leggera nel pop più puro così come non accadeva da tempo, forse anche grazie al fatto di non dovere essere psicologicamente legata all’impronta imposta ad una brano d’autore importante dallo stesso autore, essendo questi quasi tutti brani di autori meno conosciuti e perciò meno catalogabili, brani quindi da interpretare ad istinto libero seguendo l’impatto della sensazione primaria, da lei stessa avuta all’ascolto.
Insomma, la Tigre che piace a noi è tornata, alla fine ci ha ascoltato e accontentato. O alla fine s’è stufata ed ha voluto dimostrare il suo vero valore di cantante pop nell’accezione più vera del termine, cioè popolare, per tutti. E se ha importanza -e credo che ne abbia per chiunque produca un disco come questo-, i primissimi risultati dai negozi ci danno e le danno ragione, il cd pare già straveduto ovunque.
E poi, per finire, c’è il ritorno in primissimo piano della sua voce e dell’importanza di questo strumento determinante, qui fluida e freschissima, più leggera e gioiosa e quasi ancora una volta ulteriormente ringiovanita, con una gran voglia di cantare questo tipo di canzoni e tecnicamente meno ingabbiata dentro a quel costante e spesso pesante melodrammaticismo che ultimamente la faceva spesso sembrare datata. e che in precedenza spesso veniva surclassata –non so se per scelta- dall’orchestrazione dei brani. In “Bula Bula” la sua voce torna ad essere –giustamente- lo strumento principale in primissimo piano, e ne riscopriamo –se ce ne fosse stato bisogno- ancora una volta la giovinezza e la straordinaria bellezza, nonché la grande varietà

 
3- “Bula Bula”: le canzoni.
Tra le canzoni, al momento la mia preferita in assoluto è “FRAGILE”.
Quando recentemente ho parlato di quel pathos un po’ perduto nella voce di Mina –che tante piacevoli discussioni ha scatenato- intendevo proprio questo, quello che invece oggi ritrovo in questo splendido brano, cupo e malinconico della Mina tragica che ci fa accapponare la pelle: qui tutto è stato indovinato, dal testo bellissimo di Gennaro Cosmo Parlato, napoletano che ha studiato Arte a Firenze, alla musica –anche se con crescendi che ricordano un po’ ‘Il Corvo’-, all’arrangiamento cadenzato e drammatico di Pani e Fragile. Non c’è niente fuori le righe: il basso di Faso è eccellente e tenebroso così come perfette sono le chitarre di Meneghello, l’altro giovane e ottimo acquisto del clan Mazzini. Il missaggio di Morviducci qui è da manuale e finalmente il dosaggio fra la sua voce e la musica perfetto. E a proposito del famoso pathos, da ascoltare con attenzione –per comprendere- il crescendo della voce di Mina quando canta …”fragile…dal profondo del mio inferno canto fragile…dai miei sbagli e da un dolore da difendere…finché l’ultimo respiro stanco mi sorprenderà…’ quando prende quella nota nell’acuto, quello è il ‘mio’ pathos, quello che credevo perso e che invece lei stessa ha ritrovato dentro sé, in quel ricordo del cantare dall’utero che deve averle procurato questo bellissimo brano.
“Fragile” è senza ombra di dubbio una di quelle canzoni-perle che da anni attendevo da Mina, un gioiello che rimarrà nel tempo nello scrigno dei suoi tesori di sempre..

Subito dopo Fragile, l’altro pezzo che m’ha preso immediatamente è FRA MILLE ANNI.
Ipnotico e un po’ allucinato, è la Mina rock che sperimenta –che io adoro!- quelle strade nuove riuscendo perfettamente ad adeguare la sua voce –avevamo dubbi?- e la sua personale e quasi cinquantennale storia di interprete alla contemporaneità della musica odierna: quel finale è da brividi quando lei ripete tutti quei “…noi si…noi qui…” forti e penetranti come strabilianti piacevoli coltellate in quegli acuti stretti nella vocale finale e che esplodono comunque col fragore e la potenza di un tuono. E’ questo uno di quei momenti da brivido sublime dell’intero cd: dal minuto 2.36 comincia l’orgasmo finale del miscuglio fra la sua voce e l’orchestrazione rock che è una sorta di trip orgiastico di suoni, voci e colori. ‘…Le tue mani come ali mi spingono più in là’…fino alla giusta esplosione –qui doverosa- delle chitarre del bravissimo Luca Meneghello. Grande brano, scritto dalla coppia Cheope –Vuletic –autori di “Valeva la pena”, notevole canzone inserita nell’ultimo cd di Celentano- , che ricorda molto da vicino le atmosfere della splendida e allucinata ‘Tre volte dentro me’ degli Afterhours in “Leggera”.

Proseguendo nella graduatoria del gradimento si arriva subito dopo a “20 PAROLE”.
In questo brano sono da 10 e lode il testo –che meraviglia parlare d’amore in questo modo!- e l’arrangiamento di Niccolò Fragile. La struggente musica di Ravasini è un miscuglio magico fra la filastrocca alla De Andrè e il realismo ‘visionario’ musicale di Fossati e fa da degnissimo tappeto ad una piccola-grande opera d’arte. La voce di Mina in questo brano è straordinaria, forse il top dell’intero cd insieme a ‘Fragile’, una Mina perfettamente a suo agio dentro ad un testo che è una poesia fatta canzone al pari di classici come ‘La canzone di Marinella’ o ‘Margherita’ e a un’atmosfera che da sola canta altissima. “…per guanciale il tuo corpo mi dai, solo i sogni non muoiono mai…”…che Roversi fosse un ottimo autore di cosiddette ‘canzonette’ –oltre ché il grande poeta che tutti conosciamo- lo aveva già dimostrato con le sue memorabili collaborazioni con Lucio Dalla.
Un’altra di quelle perle da chiudere nel famoso scrigno a futura memoria.

Dopo questo iniziale shock tutto emozionale si arriva, ovviamente, a “PORTATI VIA”.
Dico ‘ovviamente’ perché questo è il pezzo minoso per eccellenza, quello che la gente –e molta parte di noi fans- ci aspettiamo da lei.
Costruita in maniera assolutamente classica –alla ‘Volami nel cuore’-, parte con la strofa che in crescendo arriva al ritornello –che ti aspetti ma che non è per nulla banale- dove la sua voce esplode in quella maniera che ancora non ci ha abituato, nonostante i tanti anni, a non sorprenderci dei brividi che riesce a trasmetterci. Bellissime le leggere imperfezioni –se vogliamo chiamarle così- della voce quando arriva in gola il rosichino sugli acuti del primo ritornello provenienti direttamente –ancora- da quell’utero meraviglioso di vecchia memoria. Una di quelle canzoni di Mina alla ‘Mina’ che ci inondano subito il dna arricchendocelo, e dentro cui molti di noi –da sempre- si rifugiano quasi masochisticamente quando appena vengono toccati da qualche amarezza sentimentale, forse per una ‘involontà’ indotta di farsi ulteriormente del male o forse perché poi Mina, nel mare delle nostre disperazioni, riesce sempre a risollevarci e darci respiro ulteriore per andare avanti.
Probabile secondo singolo estratto dal cd, l’unica pecca di questo brano sta nei tremendi coretti il cui inserimento continuo a non capire –sarà forse perché a Pani piace anche cantare?- senza i quali sarebbe stata una canzone da lode. Purtroppo i coretti ci sono e l’impressione emotiva generale viene leggermente annebbiata da quell’irritazione, pur rimanendo uno dei brani top e più orecchiabili di tutto il cd.

Nella scala del mio gradimento, una nota particolare va riservata alla ghost track, quella FEVER che arriva a sorpresa dopo la chiusura ufficiale del cd.
Quali aggettivi non ho ancora usato per Mina? Intendo in senso generale. Qui ci stanno tutti quelli già usati e quelli ancora da usare. E’ il pezzo più sorprendente -nel senso preciso del termine- dell’intero cd, un vero e proprio delirio e miscuglio di generi che spiazza e lascia di stucco in senso assolutamente positivo.
Un vero e proprio pezzo dance cantato da Mina in modo perfettamente dance! Azzeccato e strepitoso l’arrangiamento baraccone e confusionario come si addice alla migliore tradizione della migliore dance che non ti fa stare fermo, questa ghost track ha dentro una potenza musicale da sballo: un basso che arriva alle budella, le chitarre funky quasi alla Prince di vecchia e gloriosa memoria su una ritmica volutamente stralunata e stravolgente di grande effetto che ci sta tutta e la sua voce persino campionata e ‘metallizzata’, da vera disco-star! Strepitoso il finale delle chitarre funky alla ‘Long Train Running’ dei Doobie Brothers.
Ma quanto è grintosa e giovane questa Mina? Quanto ancora riuscirà a sorprenderci con queste strepitose e sane follie?
Da passare in discoteca, senz’ombra di dubbio, e più di una volta a sera.

Tra le canzoni che ascolto molto volentieri c’è anche -e ancora- “VAI E VAI E VAI”, di cui ho comunque già parlato e che oggi, nel contesto dell’intero lavoro, comprendo in pieno, proprio per quel discorso inerente il sensibile cambiamento di sonorità avvertito già al primo ascolto proprio di questo brano che, giustamente, è stato scelto quale primo singolo da diffondere in radio. L’apripista quindi ora mi è molto più chiaro nel contesto dell’intera nuova concettualità musicale su cui gira tutto questo “Bula Bula”, e sono molto più comprensibili anche quelle sonorità sincopate della stesura funky-dance dell’arrangiamento, di quel piano jazzato che sta sotto al ritornello, martellante e molto tipico di certa mid-dance anni 80 così come le svariate sviolinate, anch’esse in perfetto accordo con la tipicità della musica di quel periodo.
Molto programmato nei network, orecchiabilissima, se solo avesse un video simpatico di supporto, anche solo a cartoni animati, potrebbe spopolare.

Ultima fra le mie preferite del momento è “DOVE SARAI”.
Musicalmente molto gradevole e accattivante, è l’arrangiamento di Niccolò Fragile ancora una volta a rendere incisivo, moderno e molto, molto piacevole questo brano scritto dallo stesso Niccolò e dal sapore vagamente spagnoleggiante, la cui ulteriore forza sta nel buon testo. Pregevoli gli archi di Comeglio e del solito Fragile e ancora un gran bel lavoro di chitarre di Meneghello. “Dove sarai, mi fai naufragare…sbatti forte contro il cuore, mi trascini via con te…’ con quel scivolamento finale della sua voce che ci porta ancora per magia in mezzo proprio a quel mare dove lui è ‘un’onda che m’assale, m’affonda il cuore e lascia il sale…”. Davvero un buon brano, dal sapore quasi estivo e solare, come del resto anche tutta l’atmosfera, in cui la sua voce gioca divertendosi.


Il resto del disco è ancora da metabolizzare al meglio, anche se penso che queste di cui ho parlato rimarranno, per me, le “canzoni” di questo “Bula Bula”: “Bell’animalone” è il divertissment dal testo simpatico ma dalla musica che non prende se non nel ritornello molto orecchiabile, forse è stato sbagliato l’arrangiamento di mezza canzone ma si ha proprio come l’impressione di trovarsi di fronte a due brani diversi messi insieme quasi a forza.
Un po’ di delusione per il brano di Alex Britti, gradevole ma senza guizzi e da uno che ha scritto ‘Oggi sono io’ ti aspetti ben altro, forse anche questo brano è stato sacrificato da un arrangiamento che sa troppo di già sentito. Comunque niente di eccezionale.
Piacevole invece la canzone di Pani, Alfano e Cassano che ricorda molto i tempi dei migliori Matia di ‘Stasera che sera’, simpatiche ma senza grandi lodi ‘Quella briciola di più’ –ma forse è perché io non amo la bossa nova- e “La fretta nel vestito”, che si fa notare per il testo ironico e per l’allegria che Mina trasmette e che deve aver provato nel cantarla, che si capta subito nella sua voce.
‘La fin des vacances’ non riesco a farmela piacere, la sento lontanissima dal resto dell’intero lavoro quasi appartenesse ad un'altra epoca minosa o addirittura proprio ad altro periodo. Per ora è l’unica che salto.
Preferisco altro in questo cd… e qui ce n’è abbastanza di quel ’altro’ come piace a me!
Gab.