Mina - "Sulla Tua Bocca Lo Dirò" - Recensioni

Mina - "Sulla Tua Bocca Lo Dirò - di Sam
 
Le mie previsioni non si erano affatto sbagliate: Sinatra-Jenkins vs. Mina-Ferrio.
Ho ascoltato l'album e mi son reso conto dell'atmosfera che lo caratterizza.
Rispecchia molto albums "sinfonici" risalenti agli anni '50, gli arrangiamenti sono "retrò", ma in alcuni episodi si cade proprio in una atmosfera deprimente.
Attenzione però, gli arrangiamenti sono molto belli e curati, ed eleganti.
Le sensazionali note acute degli archi (violini, viole, violoncelli e contrabbassi) danno una sensazione melodrammatica.
In certi momenti Mina e Ferrio trovano una sintonia perfetta nel carattere musicale, con una esagerazione pensierosa (vedasi "Mi parlavi adagio") da parte di Ferrio che incoraggia la cantante, sempre di più sulle spine, a spostarsi da una seducente malinconia all'autocompassione.
I corni (credo corni inglesi) diventano funerei del brano "I Have A Love" (di Bernstein e Sondheim) rendendo il brano malinconico e sofferente.
Il risultato dell'album nella sua complessità ha una sonorità dolente e inconsolabile, un po' sdolcinata in alcuni esempi ("Mi chiamano Mimì") e a tratti troppo ornata.
Se i brani vengono presi uno ad uno, sono straordinariamente emozionanti e gratificano l'udito, ma ascoltare l'album per intero risulta pesante.
"Caro mio ben", ha un suono più rilassato, appassionato e strappacuore che si distacca dalle altre "canzoni".
"Oblivion" è drammatica, con quegli archi seri e spinosi, un tango che diventa pessimistico ma con un pizzico di saggezza.
"Bess You Is My Woman Now / I Loves You Porgy", assume colori operistici, con gli archi sempre in evidenza, e i fiati in minoranza che fungono da accompagnamento. E' un medley di due composizioni tratte da "Porgy & Bess". E' sicuramente la più sinatriana come arrangiamento. Ferrio assume la figura di Gordon Jenkins.
Non stupisce che il tormento senza limiti di Mina e Ferrio forse ha più senso proprio quando uno invecchia.
 
Frank Sinatra pubblicò tre albums con gli arrangiamenti di Gordon Jerkins, il più drammatico "Where Are You?" del 1957. Il nuovo album di Mina si avvicina molto come atmosfere e drammaticità a questo stereotipo, e non so se è una combinazione, anche nell'album di Sinatra fu inserito un brano di Leonard Bernstein, ovvero "Lonely Town".
Album difficile. Ma da Mina ci possiamo aspettare di tutto. Mi piace di Mina l'imprevedibilità delle sue produzioni discografiche.
 

Innformazioni nello specifico delle interpretazioni di Mina dell'ultimo album:
 
MI CHIAMO MIMI'
Romanza (dall'Atto I°) tratta dall'Opera "Bohème". Opera lirica in 4 Atti. Musiche di Giacomo Puccini. Libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica.
 
IDEALE
Romanza "da salotto" del compositore italiano Francesco
 Paolo Tosti
 
 
 
I HAVE A LOVE
Duetto (dall'Atto II°) tratto dall'Opera "West Side Story". Opera lirica in 2 Atti. Musiche di Leonard Bernstein. Liriche di Stephen Sondheim. Tratta dal libro "West Side Story" di Arthur Laurents.
Il duetto originale è cantato dalle protagoniste Maria e Anita.
Ricordo che Stephen Sondheim è anche autore della celeberrima "Send In The Clowns", incisa non solo da Frank Sinatra ma anche Barbra Streisand.
 
CARO MIO BEN
Aria del compositore italiano del 1700 Giuseppe Giordani (soprannominato Giordanello).
 
OBLIVION
E' un classico tango scritto da Astor Piazzolla. Il testo è stato scritto da Alba Fossati.
 
MI PARLAVI ADAGIO
Musica rielaborata dall'Adagio per archi e organo del compositore veneziano Tomaso (o Tammaso) Albinoni. Il testo in italiano è del paroliere Giorgio Calabrese.
 
MANON
Preludio (dall'Atto III°) tratta dall'Opera "Manon Lescaut". Dramma lirico in 4 Atti. Musiche di Giacomo Puccini. Libretto Marco Praga, Domenico Oliva, Luigi Illica e Ruggero Leoncavallo. Tratta dal romanzo dell'abate Antoine François Prévost, intitolato "Storia del cavaliere Des Grieux e di Manon Lescaut".
Testo: Giorgio Calabrese
 
BLESS YOU IS... I LOVE YOU PORGY!
La versione di Mina è costituita da un medley che riporta due Romanze tratte dall'Opera "Porgy And Bess". Opera in 3 Atti. Musiche di George Gershwin. Libretto di Ira Gershwin e Heyward Du Bose. Tratto dal lavoro teatrale "Porgy And Bess" scritto da Heyward e la moglie Dorothy Du Bose.
 
NESSUN DORMA
Romanza (dall'Atto III°) tratta dall'Opera "Turandot". Dramma lirico in 3 Atti e 5 Quadri. Musiche di Giacomo Puccini; lasciata incompiuta dal compositore e successivamente completata da Franco Alfano. Libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni. Basata sulla traduzione di Andrea Maffei dell'adattamento tedesco di Friedrich Schiller del lavoro di Guido Gozzi, intitolato "Turandot".
 
E' LA SOLITA STORIA (detto anche "Il lamento di Federico").
Aria (dall'Atto II°) tratta dall'Opera "L'Arlesiana". Opera lirica in 3 Atti. Musiche di Francesco Cilea. Libretto di Leopoldo Marenco. Tratta dal dramma "L'Arlesiana" di Alphonse Daudet.
La canzone rivela una singolare forza poetica ed accenti di accorata, palpitante umanità.
 
E LUCEAN LE STELLE
Romanza (dall'Atto III°) tratta dall'Opera "Tosca". Opera lirica in 3 Atti. Musiche di Giacomo Puccini. Libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica. Tratta dal dramma "Tosca" di Victorien Sardou.
 
SONO ANDATI
Romanza (dall'Atto IV°) tratta dall'Opera "Bohème". Opera lirica in 4 Atti. Musiche di Giacomo Puccini. Libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica.
 
 
 
 

Mina - "Sulla tua bocca lo dirò", ovvero lirica e classica ad usum delphini - di Paolo

 
Dicesi "ad usum delphini" per cose ridotte o castrate, a somiglianza degli autori latini ridotti e purgati, per uso del Delfino, figlio di Luigi XIV, d'ordine del suo governatore il duca di Montausieur.
E se fosse davvero questa la similitudine giusta per questo album voluto da Mina a tutti i costi, l'album della sua vita, fortemente contrastato dalla Sony, sarebbe già tanto. Ma non è nemmeno così.
Poiché queste mie note arrivano quasi per ultime, mi sono reso conto di che cosa sia stato gradito, di che cosa sia stato apprezzato di questo disco, che cosa sia arrivato agli ammiratori, coloro abituati da tempo, per affetto e per tradizione a comperare tutto di Mina, soffermandosi prima sulla copertina (Mauro Balletti ai suoi minimi termini) e sul packaging, sottolineando la grande voce, facendosi prendere da febbri squassanti e brividoni lungo la schiena per questo miracolo che si perpetua da decenni, e quasi mai entrando nello specifico dei singoli brani, lodando la ghost track che con lirica e classica non c'entra nulla e trascurando in gran parte il "corpo" dell'album.
Partiamo tenendo conto che stiamo parlando di un'eccellenza, termine mediato da Bonolis, dopo cinque giornate di full immersione in un'edizione sanremese che aveva illuso e poi si è rivelata la solita enorme montagna che partorisce il topolino.
Un'eccellenza dunque. Però nella Mina attuale ci sono delle imperfezioni e dei preziosismi. Non tutto è lodevole, non tutto è da scartare.
Mi chiedo tuttavia a chi può giovare un disco siffatto.
Il coronamento di un suo sogno? Va benissimo. Ma non sono arie classiche come per lungo tempo ci avevano fatto credere, arie prive di testo fino ad ora che il buon Giorgio Calabrese avrebbe provveduto a rendere cantabili (ce ne sono appena due), non sono romanze e melodramma come ingannevolmente recita il testo dell'adesivo applicato sul cellophane del CD. C'è dentro un po' di tutto. Dal musical di Bernstein "West Side Story" a Gershwin, da Piazzolla a "Cielito lindo".
Ma andiamo per ordine.

SI', MI CHIAMANO MIMI'

"Sì, mi chiamano Mimì" è resa in maniera non propriamente uguale o quasi uguale alla versione del 1972. Allora insorsero i "puristi" bocciando Mina, Dorelli e soprattutto Ferrio. Io, lo ripeto, non mi considero un purista e quella lontana versione non mi era dispiaciuta. Consideriamo la recente. Concordo sempre con chi rimane estasiato davanti ad una Voce che sembra non conoscere l'oltraggio degli anni che passano. Mina ha acquistato nel tempo o con l'età o con troppe sigarette fumate i toni bassi che le mancavano in gioventù e sembra aver mantenuto inalterati i toni alti. Sembra. Non è esattamente così. E' la grande forza interpretativa che ti dà l'illusione che non sia cambiata. Per questo affermo che, pur rimanendo estasiato davanti alle "cose" che riesce ancora a fare questa quasi settantenne, al disco della sua vita avrebbe dovuto pensarci almeno vent'anni fa. Per "Sì, mi chiamano Mimì" provo a fare un'analisi semi-approfondita che non ripeterò per gli altri brani, per dimostrare quanto ho evidenziato.
Noto toni un po' forzati, invenzioni non del tutto felici, voce che spesso si spegne in un mezzo singhiozzo.
Si noti lo sforzo che c'è in quel "primAvEre" che si spegne in un singhiozzo, laddove avrebbe dovuto esserci un canto che suggerisse quanto Mimì vagheggiasse e desiderasse il ritorno di una stagione più mite, la bella stagione che si portasse via il freddo che regnava nella soff itta.
Si noti quanto è detto in tono grave quel "poesia". Si noti come nella seconda metà della romanza Mina abbia un curioso modo di fraseggio, allungando certe vocali, cambiando di tono.

"Ma quando vien lo sgelo -o,
il primo sole è mio-o
il primo bacio dell'apri-lee è mio-o
il primo sole-e è miio -o"

Quella "rosa - ah..."
Profumo (singhiozzo) di un fiorE (forzato)
"Ahimè (il primo) e""Odore" (gravi, cavernosi).

Non voglio passare per ipercritico. Ci sono preziosismi nei brani successivi che smentiscono ampiamente queste mie pedanti note. Vediamolo.

IDEALE

Qui la prova di Mina è buona, ma non paragoniamola alla Mina di Milleluci. Qui la voce è spesso velata, si avverte il "raspino". Siamo obiettivi! Ciò non toglie che questa romanza di Tosti sia porta nel modo migliore a lei oggi possibile e quel magico secondo "torna" sussurrato nel finale prevale su tutto. Quella è magia pura e nobilita tutto.

I HAVE A LOVE

La forza che Mina dimostra nel finale è IMPRESSIONANTE. L'album vale l'acquisto solo per questo pezzo. Dimentichiamo le pedanterie sopra descritte. Trovate un'altra che sappia fare altrettanto e poi ne riparliamo.
Dolcezza estrema e poi l'esplosione di quell'"All my life!"
Assolutamente strepitoso, sottolineiamolo ancora, quell' "Your is your LIFE"!

CARO MIO BEN

Non so che dire, se non che è resa con maestria e disarmante dolcezza.

OBLIVION

L'orchestra avrebbe dovuto sostenerla di più. Qui Mina e Ferrio non sono in grande sintonia. Se solo l'avesse cantata con Piazzolla! La voce si arrochisce nel primo "sin" e ritorna il raspino. Migliora nel finale. Si noti il vigore di quell' "apareciò", quel "Ya todo se acabò" ed il bel fraseggio di "se per-diò".

MI PARLAVI ADAGIO

L'Adagio di Albinoni è il brano più conosciuto alla massa. Versioni cantate ce ne sono già state in passato, fin dagli anni sessanta e anche in italiano. Non mi piace il modo in cui lo rende Mina. C'è un "Tuuuuuuu" prolungatissimo iniziale e in tutta sincerità il testo di Giorgio Calabrese è di un banale assolutamente inaspettato.

MANON (ovvero il Preludio al Terzo atto di "Manon Lescaut" di Puccini)

Qui Giorgio Calabrese si riscatta alla grande.
Mina incespica in quel forzato, singhiozzante grave "E tu resterai con la cicatrice che mi segnerà"
Poi va via liscia, a parte quel "Te ne vai" gridato.
"AncOra (O sottolineato per evidenziare il punto) un amore" è gridato.
Il finale è meravigliosa pura magia.

BESS IS MY WOMAN NOW/I LOVE YOU PORGY

Qui è strepitosa. Mi sarebbe piaciuta di più se avesse mantenuto toni più leggeri, più morbidi e meno stentorei.
In ""But I ain't goin'!" noto un'inflessione alla Billie Holiday. Ma è solo un attimo, tant'è che Billie Holiday rende in tutt'altro modo "I love you Porgy", vale a dire nel modo dianzi descritto. Anche perché va tenuto conto del momento in cui l'aria si colloca nell'opera di Gershwin.
 
 
 


E' LA SOLITA STORIA...

L'avrei tranquillamente evitata. Non aggiunge molto. E' pleonastica. Mina interpreta in chiave drammatica e partecipe.

NESSUN DORMA

Mina "addomestica" l'aria più celebre di "Turandot" restituendola alla stregua di una grande canzone melodica, in modo prevalentemente dolente. Al di là del fatto che l'aria sia stata composta per un tenore, per una voce maschile, sembra non essere stato tenuto conto del momento dell'opera in sui si inquadra l'aria.
E' questo che mi fa affermare che la versione di Mina è quella di una grande canzone melodica che ha poco a che vedere con le intenzioni dell'autore. Mi ricredo sul finale. D'altra parte attendevo la verifica su CD, perché ciò che è arrivato dalla televisione, quel passaggio da un soffiato a una piena voce finale sembrava frutto di alchimie di missaggio, non perfettamente riuscite.
Ora posso dire che è un passaggio geniale. Parte in "quasi falsetto" e possiamo ascoltare quella "E" crescere, crescere, crescere, crescere, gonfiarsi fino ad esplodere con grande forza. Ma è un Puccini "ad usum delphini"

E LUCEVAN LE STELLE

Qui Puccini è tradito ancora. Qui non avverto assolutamente il pathos che avrebbe dovuto esserci. Cavaradossi canta sulla terrazza di Castel Sant'Angelo nelle ore che precedono la sua fucilazione. Laddove dovrebbe esserci rimpianto, disperazione per la vita che si sta per perdere io percepisco vocalità che si divide fra languore e rassegnazione, ma assai poco il canto di disperato addio alla vita del tenore.

SONO ANDATI?

E' un mezzo pasticcio. E' sbagliata la chiave interpretativa. La prende troppo alta. Ricordiamo che è il canto di una donna che sta morendo. Se ci lamentavamo perché sembrava che la voce non ci fosse, qui è fin troppo spiegata. E manca un partner maschile.
"Son bella ancora?" sembra una domanda che Mimì fa a sé stessa, mentre la rivolge a Rodolfo, il quale dà una risposta che giustificherebbe quel "Hai sbagliato, dovevi dire bella come un tramonto", che in questa versione appare incomprensibile.
Ottimo pre-finale affidato all'orchestra, prima di quel "Mi chiamano Mimì" che avrei visto meglio più sussurrato.

CIELITO LINDO

La prendiamo come un"divertissement"? Uno scaldavoce registrato durante le prove? Va benissimo. Però non c'entra per niente con tutto il resto.
Qui a tratti si ritrova la Mina ironica e un po' bamboleggiante d'antan che canta quasi al ritmo di un carillon.

In conclusione un album che creerà disappunto ai melomani, che non dirà molto a una buona parte della fanseria, la quale si è già soffermata sulla ghost-track iperlodandola, che ha apprezzato Bernstein, Gershwin, non ha disdegnato Piazzolla ed ha quasi scartato il resto.
 
Paolo

 
E TI SENTII NE LA LUCE , NE L’ARIA … e lungamente sognai ...
 
di Mario Basile
 
 
Questo disco l’ho aspettato e sognato per anni ed ora … eccolo qua . L’ho dovuto aspettare ancora per un paio di giorni ancora avendolo ordinato per posta ( nella mia città non esistono purtroppo più negozi di dischi ) , ma nonostante ciò non voglio ascoltarlo subito . Io sono un tipo che sa aspettare .
Inserisco i vari brani del cd in un file del computer contenente tutte le canzoni incise da Mina nei suoi primi cinquant’anni di carriera , assieme ai brani più significativi cantanti alla radio , al cinema o in televisione , dopo aver naturalmente separato la ghost track dall’ultimo brano del disco .
In totale ci sono ben 1432 canzoni di Mina da ascoltare , per un totale ( controllo fatto con il computer ) di tre giorni , nove ore , dodici minuti e ventuno secondi di ascolto : una vera maratona !
Non li potrò ascoltare naturalmente tutte in una volta , ma qualche ora al giorno sì . La sequenza delle canzoni sarà casuale . La probabilità di sentire un brano del nuovo disco è di poco inferiore all’1% , ma non mi importa : ripasserò così tutte le canzoni di Mina , soprattutto quelle che in un certo senso sono affini a quelle contenute in questo album dalla confezione splendida , che richiama vagamente uno scenario brodwayano con una tigre in agguato .
E’ un caso fortuito che il primo brano captato dal computer sia proprio RIDI PAGLIACCIO ? Non lo so ! Certo è un presentimento della qualità del disco che sfoglierò come una margherita dai mille petali e , mentre le canzoni si susseguono con la voce di Mina che mi riporta indietro nel mio passato recente e remoto , mi viene in mente un bellissimo romanzo di Virginia Woolf dal titolo ‘ Gita al Faro ‘ .
Della sua allegorica vicenda è protagonista la signora Ramsay , che è una delle più straordinarie creature letterarie della scrittrice inglese . Il suo dono è quello di intuire la realtà mentre si manifesta o addirittura prima che si manifesti , di farla esistere , di capire i sentimenti e le sensazioni di ogni essere umano , di proteggere i suoi cari . Presso la sua casa marina di villeggiatura , attraverso le onde , giunge la luce del Faro . La signora Ramsay lo guarda e diventa luce . Sa però che la luce può essere impietosa e crudele perché vi si nascondono gli dèi e provoca in noi un’estasi che rischia di perderci . Ma ella affronta e vince il rischio .
Si progetta una gita al faro . Poi si spengono le luci , i raggi del faro si allontanano , comincia un diluvio di tenebra . Niente si potrà salvare dal buio . La gita viene rimandata . La signora Ramsay scompare e muore . Nella casa sul mare si consuma tutto . Trascorrono gli anni . La casa viene ripulita . L’oscurità si dilegua . La luce torna a splendere nell’aria ed a penetrare negli occhi .
Il nuovo momento di presente che stiamo vivendo , tra l’infinita serie di impressioni accumulatesi dolcemente nelle pieghe del tempo , è lo stesso momento in cui si progettava la gita e adesso , dieci anni dopo , la gita si compie : tutto il possibile diventa reale .
La vita è il luogo dell’adempimento di chi , come la signora Ramsay , aveva creduto nella ricchezza e nella realtà del possibile . E in preciso momento la piccola pittrice Lily Briscoe posa il suo cavalletto nel punto esatto in cui l’aveva posto dieci anni prima . Finisce il ritratto della signora Ramsay .
Mentre facevo queste riflessioni ascolto CORE ’NGRATO e subito dopo un suono d’archi dall’andamento settecentesco , che già mi conquista come mi conquista la voce di Mina che con giovanile freschezza mi porge questo delizioso brano CARO MIO BEN , che io considero quasi uno stuzzicante aperitivo del pranzo reale di nozze che mi sarà successivamente servito .
Per oggi questo mi basta . Ho già ascoltato un centinaio di canzoni . Continuerò domani .
Il secondo giorno di ascolto comincia molto bene . Balza subito alle mie orecchie COME HAI FATTO , splendida esecuzione di una canzoncina trasformata in languorosa romanza e poi … dopo qualche altra canzone ecco un sobbalzo : I HAVE A LOVE , con una Mina semplicemente favolosa , una voce suprema che non ha eguali al mondo quando interpreta o meglio canta divinamente questo brano di Bernstein tratto da quello che , secondo me , rimane il più bel musical di tutti i tempi , ‘ West Side Story ‘ , di cui Mina ci ha regalato già tempo fa le bellissime ‘ Lontanissimo ‘ e ‘ Tonight ‘ , quest’ultima in coppia col suo partner di sempre , Johnny Dorelli .
Se ancora Mina alla sua età è capace di donarci questi squarci di sublime , non ditemi che non è un miracolo del cielo .
Oggi sono fortunato perché dopo un po’ capto un altro brano del disco che , in verità non mi è nuovo all’ascolto , IDEALE , che nella versione più sobria di Milleluci , confesso , mi piaceva di più , anche se nel sussurrato finale , quasi un sospiro sonoro , Mina dimostra di essere grandissima . In ogni modo dopo un disco sinfonico come questo , Mina ci dovrebbe regalare un disco solo ‘ voce e piano ‘ con brani intimisti . Sono sicuro che ne verrebbe fuori un altro capolavoro .
Dopo un’altra lunga attesa ancora un altro brano che mi era noto : MI CHIAMANO MIMI’ , che ricordo benissimo in quel lontano Teatro 10 , cantato in coppia con Johnny Dorelli . La voce è ancora splendida , ma la freschezza di una Mina trentaduenne mi fa capire una cosa fondamentale , facendomi fare quasi un paragone metaforico : immaginate una donna che avevate amato moltissimo da giovani e che non avete potuto avere . La rivedete ancora bella a distanza di dieci anni . Ne siete ancora attratti , ma capite che quel momento magico , quel momento di luce si è un po’ velato , magari sublimandosi in un istante di gioia rivestita di struggente malinconia .
Perché non sei stata mia quando eravamo più giovani ?
Per Mina la sensazione che provo è la stessa , penso che questo disco ci doveva essere regalato qualche anno fa , quando la sua voce , pur oggi ancora bella , era nel fulgore del suo incanto , ma il dono è arrivato lo stesso , meglio tardi che mai , e penso che Mina ‘ ora o mai più ‘ dovrà pensare di regalarci degli altri album di valore come questo , oltre agli inediti che , secondo me dovrebbero essere sempre più diradati . Spero comunque che il suo miracolo di voce continui ancora a lungo . Io mi auguro e spero comunque che il tempo , nel quale tutte le cornacchie , che oggi invidiose la criticano , ne parlerebbero ipocritamente bene , sia ancora remotamente lontano .
E per oggi mi fermo qui .



Terza giornata di ascolto .
Il primo brano dell’album che mi capita di ascoltare è OBLIVION , bello , mi piace , ma quanto sarebbe stato meglio eseguito con un arrangiamento più sobrio ed efficace che ci poteva riportare alla sublimità dell’esibizione live di Mina con Astor Piazzola a Teatro 10 ?
Dopo qualche altra canzone ecco arrivare una piccola delizia , CIELITO LINDO , che ci presenta una Mina minimalista che ci sorprende ancora con la sua freschezza riportandoci all’atmosfera di quegli estemporanei medleys che ci regalava durante i suoi show televisivi o meglio i suoi Gran Varietà , mentre io mi immagino anche una felice nonna Mina che canta al suo pequeñito Cielito Lindo , Edoardo , che ascolta gongolante questa canzoncina .
Subito dopo ho la gioia di ascoltare quel brano misconosciuto e , secondo me , strepitoso , uno dei pezzi più belli di tutto il repertorio di Mina , stranamente mai apparso in una sua compilation , che si intitola QUATT’ORE ‘E TIEMPO : è ancora una volta un brano che si integra con la Mina classica . Esso è un’Aria da Chiesa di Alessandro Stradella rivestita di parole nuove , come di parole ex-novo è rivestito quello che , a primo ascolto , mi sembra uno dei più sublimi capolavori del nuovo capolavoro di Mina : il Preludio al III Atto dalla MANON di Puccini .
E’ avvenuto qui il secondo miracolo dopo il brano di Bernstein . Il brano è reso in modo strepitoso . Giorgio Calabrese ha poi elaborato un testo bellissimo per una musica già stupenda .
Ma non era previsto che quasi tutti brani dovevano essere delle trascrizioni per voce di arie strumentali ? Io mi aspettavo questo e in un certo senso ne sono rimasto un po’ deluso anche perché in quest’altro modo si sarebbero evitate critiche gratuite ed inutili raffronti .
La voce di Mina è ammaliante e piena di pathos e quasi quasi mi sovvengono delle reminiscenze con la ‘ Morte di Isotta ‘ di Richard Wagner che Mina avrebbe reso in maniera altrettanto eccelsa .
Dopo un po’ ecco ancora una musica nuova : mi accorgo che è il Lamento di Federico dall’Arlesiana di Francesco Cilea , ovvero E’ LA SOLITA STORIA ... . Qui Mina è un po’ sottotono . Mina avrebbe potuto scegliere qualche altro brano lirico più adatto a lei come il meraviglioso ‘ Ebben ? Ne andrò lontana ‘ dalla Wally di Catalani . Ma è lei a scegliere , non possiamo essere noi , anche se qualche nostro implorante desiderio sarebbe meglio che ogni tanto venisse ascoltato . E per oggi mi fermo qui .
Quarto giorno : tra le tante canzoni che mi ritornano durante l’ascolto della Mina Totale ecco spuntare TRASPARENZE e dopo un po’ MENTE e ancora ORMAI , brani dalla struttura estremamente classica ( il secondo è tratto addirittura dal Preludio n. 4 di Chopin ) , molto affini a quelli del disco , canzoni che mi fanno comprendere come Mina abbia fatto spesso delle incursioni nel territorio cosiddetto ‘ alto ‘ della musica e che mi fanno anche capire ancora una volta come Mina doveva incidere quest’album almeno dieci anni fa . Peccato ! Un vero rimpianto ! Sentirsi poi le critiche dei vari beoti di turno non fanno che ferirmi al cuore . Ma torniamo all’ascolto . Ecco un nuovo brano tratto da ‘ Sulla tue labbra lo dirò ‘ : lo conoscevo già accennato dalla Signora in una lontana puntata di Gran Varietà del 1974 con Walter Chiari . Lì Mina era minimalista , ma estremamente convincente quando , accompagnata dal solo pianoforte , accennava a SONO ANDATI ; qui , forse , è un po’ sopra le righe , anche se la sua interpretazione è piena di dolorosa partecipazione e la commozione mi prende , ma a tratti .
Passano i giorni , ma io persevero nella mia paziente attesa dell’ascolto completo di tutti i pezzi contenuti nel nuovo disco , perché secondo me il piacere è un piatto che va servito e soprattutto consumato molto lentamente .
Gli ascolti successivi sono in ordine temporale MI PARLAVI ADAGIO , tratto dal popolarissimo Adagio di Albinoni , commuovente, quasi una trenodia per un amore scomparso e poi ecco spuntare E LUCEAN LE STELLE , che mi dà dei brividi forse maggiori di quelli che una voce impostata di un tenore non mi avevano mai trasmesso . Quando Mina canta ’ E non ho mai tanto amato la vita ‘ ci comunica un autentico dolore beffardo per una fine prossima e dolorosissima .
Eccezionale , come lo è anche il successivo nuovo brano che ascolterò due giorni dopo : le due songs BESS IS MY WOMAN NOW e I LOVES YOU PORGY unite in un unico brano .
E’ vero , Mina deve cantare solo quello che ama e si sente nella pelle il suo amore per Gershwin e per la canzone americana .
L’ultimo brano del disco che ascolto , guarda caso , è quello che già conoscevo già , ma lo conoscevo davvero quando l’ho sentito a Sanremo ? La versione su disco mi sembra molto meglio e credo che Puccini non si sia assolutamente rivoltato nella tomba , come ha detto Pippo Baudo . Certo la romanza NESSUN DORMA è trasformata in canzone , ma ne acquista molto in solitaria intimità , e poi che senso avrebbe avuto ricantarla come ce l’hanno cantata tutti gli altri tenori ? Qui Mina ed anche Gianni Ferrio l’hanno genialmente reinventata ed il finale è qualcosa di veramente strepitoso !
Ho finito ! I giorni ( dieci per l’esattezza ) sono passati e non posso dimenticare di citare altri due brani che ho riascoltato con sommo piacere e che inserirò in un cd che amplierà la bellezza di questo disco : la FUGA A DUE VOCI di Bach ( Mina , cantacelo ancora una volta il sommo Bach , ti prego ! ) eseguita assieme a Severino Gazzelloni e la bellissima versione lirica di ADDIO dal Teatro Regio di Parma .
Riascolto adesso ancora e ancora i brani nella sequenza del disco e ad ogni ascolto riscopro nuovi particolari che lo avvicinano ad un capolavoro assoluto e le piccole perplessità iniziali svaniscono abbagliate dall’ammaliante canto di Mina .
Mi creo poi il mio cd personale con i brani nell’ordine esatto che ho citato . Ritagliando le pause esso dura esattamente 80 minuti .
E’ un regalo che mi faccio che mi accompagnerà sino all’uscita del nuovo splendido album di inediti .
La gita al faro , anche se anni dopo , si è compiuta e la lucente bellezza dell’Arte di Mina , che ci rapisce al suon della sua voce , l’ha resa possibile!
‘ Eccolo , il suo quadro . Sì , con i verdi e gli azzurri , le linee che corrono in alto e di traverso … ‘ .
L’Arte è dunque Colei che compie , fa ritornare la bellezza salvifica del passato , restituisce il profumo dei fiori , risuscita i morti , riempie le stanze solitarie degli antichi splendori , fa vibrare i sorridenti ricordi e permette alfin che la gita al faro si realizzi , consentendo che tutto si adempia perfettamente .
P. S. : Per dovere di cronaca vorrei riportare questi dati , spero esatti .
Sino ad oggi Mina ha inciso ben 1215 brani di cui 761 in italiano , 195 in inglese , 110 in spagnolo , 46 in napoletano , 36 in francese , 30 in tedesco , 15 in portoghese , 7 in latino , 5 in giapponese , 3 in turco , 1 in catalano , 2 in milanese , 2 in pugliese , 1 in genovese e 1 in romanesco ( 194 sono versioni alternative , rifacimenti o versioni straniere ) .
Li ho masterizzati tutti in un unico DVD assieme ad altre 217 canzoni tratte dalla televisione , dalla radio e dal cinema , per portarlo sempre con me e ascoltarlo quando voglio : in esso è raccolta tutta la Mina che amo dei 50/58 ( pari all’86 % ) della mia vita .
Una copia l’ho donata alla più nota collezionista di Mina d’Italia : la grande
Piera Pasotto.
 
 
 
La voce che canta la sua libertà di artista della musica - di Luigi
 
 
 
 
Ora che dal 20 Febbraio non ascolto altro che questo disco, posso scrivere che Mina ha fatto benissimo ad incidere il melodramma e le romanze contenute nel nuovo cd e vinile.
E' un disco come ha detto Massimiliano e come dice lo slogan dello spot televisivo, che lei ha sempre sognato di fare, lei sin da piccola ha sempre sentito questo genere di musica.
Si è detto che poteva pubblicarlo anni fa, ma lei sempre rispettosa verso il grande pubblico, ha preferito attendere che i tempi le permettessero di registrarlo e questo disco giunge in un momento in cui per radio si sentono delle canzoni che non sono più canzoni, ma usa e getta, dunque che ben venga la nostra Mina ad offrirci queste romanze.
Mina come sappiamo, non è ingabbiata in un solo genere musicale, non è chiusa nel pop, non lo è nel rock con il quale ha iniziato, non lo è nel jazz, ma è libera di spaziare in tutti i generi musicali, si Mina è un'artista libera, lo è sempre stata sin da quando era alla Italdisc e di seguito alla Rifi, dove incidere quello che volevano i titolari delle etichette discografiche di allora, era consueta abitudine per altri cantanti, ma non per Mina, infatti alla Italdisc Mina ha inciso brani del bossanova come "Dindi" oppure un brano da lei pare voluto come "Le cinque della sera", alla Rifi ha pubblicato album non facili come i due del 1964 e 1966, che le valsero il premio
della critica, questo per dire che prima di fondare la sua mitica Pdu, lei ha sempre deciso cosa cantare, casomai dove era prima, si sentiva dire sempre di andare a Sanremo, dove è andata solo due volte e dopo anche se glielo chiedevano, ha sempre rifiutato, ma non di certo cosa cantare. Questo per ricordare la sua grande espressione di artista libera da ogni imposizione da sempre, sin dagli inizi.
Mina ama tutta la musica, lo ha detto più volte in questi anni sulle pagine della sua rubrica del settimanale "Vanity Fair" e sul quotidiano "La Stampa".Ecco il motivo di come ci ha dato e ci dona tanti generi musicali, ha fatto pochi dischi a tema in questi anni, quelli degli anni 70 con un titolo ad esempio "Plurale" con Gianni Ferrio, che è presente in quello nuovo. E' nel 1996 che Mina oltre a pubblicare dischi con brani inediti, sceglie di fare un percorso diverso, prima con "Napoli" per arrivare nel 2000 con il disco di arie sacre, ed ora con "Sulla tua bocca lo dirò".
Anche nel fare dischi a tema, cerca sempre di rendere omogeneo il suo progetto artistico e cioè non propriamente tutto uguale, e lo dimostra quest'anno con l'inserimento anche di "I have a love" da "West side story", nel medley tratto da "Porgy and Bess", nella ghost track "Cielito lindo" oppure nel tango di Astor Piazzolla. La sua voce che emoziona sempre, da l'inizio del disco con il meglio del meglio, "Mi chiamano Mimì" che è un emozione sentirla ricantare da lei nota dopo nota e in ogni parola che canta del brano, ti porta alla dolcezza, cosi come per "Ideale".
Che dire quando senti Mina alzare la sua voce in "I have a love"? In questo disco c'è solo la sua voce e le due grandi orchestre di Lugano e Roma dirette da Gianni Ferrio, che rallentano queste bellissime melodie e penso che sia più difficile cantarle, e solo Mina ci riesce in questo modo, dandoci così l'intensità, i colori, il pathos della sua voce sempre bellissima e forte. Giorgio Calabrese scrive un testo meraviglioso per il Preludio al terzo atto di"Manon Lescaut" dove Mina fa dei bassi e alti strepitosi. In "Caro mio ben" Mina e Gianni Ferrio mi riportano a tratti alle atmosfere del loro disco del 1976.Nel disco, due episodi musicali ci riportano al 1972 allo show "Teatro 10" prima come detto, con la nuova versione di "Mi chiamano Mimì" e poi nel tango di Piazzolla" per "Oblivion", sentitela mentre canta con trasporto questo tango, che bello che è. L'adagio di Albinoni è interpretato da Mina, in maniera
innovativa con quel "tu" prolungato" e qui prende forma quello che ha detto Gianni Ferrio, nel ricordare di quando Mina gli dice di farle delle introduzioni difficili perché le piacciono di più. "Nessun dorma" incanta, se già a sentirla in anteprima a Sanremo, mi ha emozionato, sul disco ancora di più. E' qualcosa di magico.
La celebre "E lucevan le stelle" ho sempre smaniato nel sentirla da Mina e non mi ha deluso, una forza davvero impressionante come per "Sono andati?"
Questo disco credo fortemente voluto da Mina è un qualcosa di più, è una voce che canta la sua libertà di artista della musica e di questi tempi in cui nella musica sembra che tutto sia omologato, scusate se è poco. Grazie Mina.

Luigi
 
 
 
 
Un disco che complessivamente continua a non piacermi - di Alessio
 
Provo a scrivere qualche mia considerazione dopo l'ennesimo ascolto attento dell'ultima fatica di Mina. Disco che complessivamente continua a non piacermi, di cui non sentivo la mancanza e che finirà tra quelli che ho per "dovere d'ufficio" ma che non ascolto.

Mi chiamano Mimì. La prima traccia dichiara subito gli intenti del disco in fatto di tempi e intenzioni interpretative. Tutto è improntato alla mestizia, senza altre sfumature, ma a cantare è Mina e quindi qua e là si colgono autentiche perle nel fraseggio, meno nel canto. Bello il suo "che parlano di sogni e di chimere" ma il momento non è malinconico, nella volontà di Puccini, ma è il timido presentarsi di una ragazza che ha ciò che a Mina qui manca: la giovinezza. Boheme è per eccellenza l'opera della gioventù spensierata costretta a crescere bruscamente e giovani dovrebbero essere i suoi interpreti. "Guardo sui tetti e in cielo, ma..." anche qui malinconia che è fuori luogo, il sentimento è altro e più raccolto. La voce però tiene. Non è giovane, non è Mimì ma è cantata bene e la voce soprattutto in alto è sicura.

Ideale: è inutilmente brutta e non si capisce dove voglia andare a parare anche se la voce sale bene e senza forzare: quando si vuole impegnare non teme ancora rivali.

I've a love: certo che è tra le cose migliori del disco, è un repertorio che ama e si sa e si sente ed è sicuramente il meno operistico tra tutte le tracce. E' anche il genere musicale che meglio si presta a contaminazioni e sperimentazioni. La voce passa da gravi corposi e sonori ad acuti un po' spinti, passando per centri che non sono più sostenuti come un tempo dal fiato, e a volte e questa tessitura che continuamente sale e scende non è l'ideale per questa voce. L'acuto finale è bellissimo e pieno di pathos. Tanto di cappello comunque alla resa complessiva. Emozionante.
 
Caro mio ben: è la quarta traccia e se non mi sono addormentato prima con i tempi di Ferrio, qui il pericolo è forte: la voce è grigia assai, non svetta, e anche il pianissimo finale è riuscito a metà. Metà voce, metà aria.

Oblivion: potrebbe essere un unica lunghissima track. Nulla varia. Che sia Piazzolla, Puccini, Bernstein, Giordani: tutto è affrontato alla stessa maniera e con le stesse intenzioni interpretative. Ma qui è proprio nel suo elemento naturale e quando il brano decolla è bellissima l'orchestra sotto, che suona benissimo una melodia memorabile. Brivido, finalmente e letteralmente.

Mi parlavi adagio: Albinoni ha lasciato un'altra di quelle melodie talmente belle e celebri che dopo le prime note introduttive la voce di Mina con quel lunghissimo TU ha l'effetto di un disturbo. Il testo è brutto e non poco, e l'aver accostato proditoriamente la melodia a un testo d'amore è un mistero che magari Ferrio prima o poi ci chiarirà. Trovo che sia il primo vero delitto di questo disco, perpetrato ai danni della musica cosiddetta seria .

Manon: sotto un'altra track ma non cambia niente. Tempi uguali (quanto ci vorrà a farle capire che una voce non più giovane si giova di tempi più rapidi???). La voce salendo si schiaccia è un po' stridula e il contrasto con i gravi è troppo ampio.
 
 
 
 
La noia non è più un pericolo: è una certezza. Il sopracuto sembra quello di un'altra voce.

Bess/I love you Porgy I love you Porgy è altra traccia ben cantata e ben riuscita in cui si sente la padronanza del repertorio e, secondo me, una maggiore libertà interpretativa: la voce è piegata ad effetti maggiori anche se la stanchezza si sente in certi passaggi.

Lamento di Federico: tagliare le prime frasi è un errore madornale perché non si capisce poi quale sia questo sonno che lei invidia (cioè quello del povero ragazzo che voleva raccontare una storia ma s'addormentò). Tra l'altro ero convinto che il sembiante fosse "dolce" e non "bel".  Comunque in assoluto, per ora, la migliore delle arie classiche. Peccato il taglio iniziale.

Nessun dorma: ascoltando e riascoltando mi fa sempre un effetto migliore della volta precedente. Ferrio sotto arrangia come fossimo a Milleluci o in un night negli anni sessanta. Lei canta bene anche se troppo dimessa come approccio interpretativo: Calaf è pur sempre un principe innamorato ma sicuro del fatto suo. Lei è solo innamorata.

E lucevan le stelle: taglio iniziale grave, grave, grave! I "dolci baci e le languide carezze" sono cantati col sorriso sulle labbra, e questo è senz'altro un vanto, ma alla fine non si capisce bene cosa si sia ascoltato anche se sul finale l'intesa con l'orchestra, che si risveglia, è perfetta.

Sono andati?: qui il tempo largo ci sta tutto, l'orchestra suona molto bene. Il tono malinconico è perfetto anche se avrei evitato, per un personaggio in punto di morte, quegli acuti a pienissima voce. Scandalosa poi l'assenza di una voce maschile (il figlio, il marito, Ferrio il portiere di Lugano) a risponderle "bella come un'aurora" quando lei chiede se è bella ancora: è una scena questa e non un'aria. Intorno al suo letto di morte ci sono l'uomo che ama e gli amici cari. Ma qui siamo a Lugano e non a Parigi e Mimì non muore: ci ricorda soltanto quale sia il suo soprannome.

Cielito lindo: non ne capisco il senso ma sicuramente contribuisce ad una sorta di risveglio dopo quasi un'ora di tempi morti o quasi che non vanno mai oltre l'adagio. Qui è strepitosa: ironica, brava, virtuosa.
 
Alessio